LE URLA DELLA MURATA VIVA

 

CASTELLO DI TREZZO

LE URLA DELLA MURATA VIVA

di Britombar, l’exploratore del mistero

 

    Il greve silenzio che stanzia tra le mura del Castello ogni notte è rotto da urla. Urla disperate di donna. Al limitar della notte, di ogni notte da centinaia di anni, si ode crescere il lamento della disperata figlia di Barnabò Visconti, murata viva. Insieme al suo amante e al loro amore. Molti sono stati coloro cui si è raggelato il sangue nell’udire le urla della fanciulla ed hanno abbandonato la cerca del Tesoro che qui nascose Federico I il Barbarossa. Ma se credeste soltanto ad uno scherzo del vento tra le mura, avrete la più sinistra certezza che la suggestione è realtà nell’udire il vociare provenire dalle alte stanze della fortezza o nel vedere le macchie cremisi sui muri delle segrete, sangue dei torturati che mai si cancella e sempre risplende vermiglio anche nelle ore più buie. Il Castello ha attraversato la Storia e tuttora in alcune notti ne rivive gli sfarzi: timore e ammirazione percorrono chi ne vìola la quiete. Voci e suoni da tempi dimenticati  provengono dalle varie stanze, quando il Barbarossa ne fece uno dei centri del Sacro Romano Impero. Molti sono rimasti sgomenti all’udire la Voce del Tempo Passato ed alcuni lo hanno visto in volto: i soldati tedeschi accampatisi durante la seconda mondiale, dopo una notte gelida e spazzata dai sinistri rumori del vento, si svegliarono tutti con lo stesso ricordo – il Castello all’apice della sua magnificenza, elmi splendenti e spade luccicanti, un Cavaliere che offriva loro una coppa invitandoli ad unirsi a corte. L’intera compagnia aveva fatto lo stesso sogno o il Barbarossa invitava i soldati a prendere parte ai festeggiamenti? Proprio Federico I che, giù nelle oscure segrete del Castello, ancora torna a vegliare il tesoro da lui nascosto e che nessuno ha mai recuperato. Con la luna crescente ed all’ultima luce del crepuscolo potreste scorgerne la figura aleggiare negli antri oscuri, scontando la condanna d’accidia al purgatorio, a difesa dell’oro e dell’argento che mai riuscì a recuperare e che torna a vegliare in attesa che il suo esercito ritorni dalla crociata.

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